Magazzino 18: Simone Cristicchi racconta l’esodo istriano dalmata.

Magazzino 18

Magazzino 18. E’ questo il nome dello spettacolo che Simone Cristicchi sta portando in varie città italiane. Io l’ho visto domenica 2 febbraio a Mestre. E per questo motivo, avendolo visto, ed avendo letto e sentito varie critiche all’indirizzo di Simone Cristicchi, mi sento di prendere apertamente le sue difese. Non conosco personalmente Cristicchi, come cantante non mi è mai piaciuto particolarmente, e quindi mi sento abbastanza “indipendente” da poter esprimere un’opinione.

Magazzino 18. Nella “finzione” dello spettacolo un improbabile burocrate romano viene spedito a Trieste a fare l’inventario proprio del magazzino 18, luogo vicino al porto vecchio dove si conservano le masserizie degli esuli delle famiglie istriane e dalmate, che all’indomani della seconda guerra mondiale furono costrette a lasciare i territori ormai annessi alla Jugoslavia. Burocrate finto, ma il magazzino è vero e la roba è ancora là (si parla di fare un museo, ma nulla s’è mai in concreto fatto). Si tratta di un dramma vero e imponente: a parte il numero non proprio banale (350.000 persone) che hanno lasciato le loro (ho scritto “loro”) terre, inquetano i metodi intimidatori con cui si è creato un certo clima di terrore, primo fra tutti la pratica di “infoibare” (gettare nei pozzi carsici) le vittime legate a due a due (uccidendone solo uno). Un numero im precisato (tra 5000 e 11.000) di italiani è morto così… il burocrate (impersonato da Cristicchi) scopre oggetti e lettere: dietro ogni oggetto un racconto, un volto, una storia di strazio per i morti e di mortale nostalgia per i sopravvissuti.

Il merito di Cristicchi è, a mio avviso, aver raccontato tutto questo con una certa leggerezza di Calviniana memoria. Dosando monologhi (forte l’influenza dell’ “orazione civile” di Marco Paolini), canzoni, e qualche battuta, lo “spettacolo” risulta, se possiamo dir così, godibilissimo, nel senso che ti fa riflettere sulla vicenda senza risultare faticoso e pesante l’ascolto. Un difficile equilibrio, lo capisco, però secondo me Simone ci è riuscito.

I detrattori (vedi Firenze) dicono che la Storia non è fiction. Vero. Però ho controllato il libro di storia di mio figlio delle superiori, libro addottato quindi nel 2014. Spazio dedicato alle foibe ed all’esodo giuliano dalmata: zero. Purtroppo una serie delicata di equilibri tra il PCI italiano, la Jugoslavia, e la “madre” Russia, hanno fatto sì che fosse meglio stendere una sorta di velo “pietoso” sull’intera vicenda, ma che di pietoso non ha nulla e rappresenta per chi ha vissuto in prima persona questa storia una seconda morte, un delitto nel delitto, una damnatio memoriae.

E come sono stati accolti in Italia questi nostri connazionali? Una parte di Magazzino 18 racconta giustamente il clima ostile, gli insulti, le manifestazioni nelle stazioni dei treni atte ad impedire alle carovane degli sfollati di fermarsi, i ghetti e gli alloggi putridi e senza igiene assegnati alle famiglie istriane (straziante il racconto della bimba morta per assideramento). Famiglie che lasciavano con dolore una terra amata per trovarsi stranieri in patria: povera gente senza terra ma addittati come borghesi fascisti da autorevoli quotidiani nazionali.

Altro merito di Magazzino 18. Non aver taciuto i mali ed i delitti del periodo fascista tra le due guerre. In questo periodo un’opera di forzosa italianizzazione di alcuni territori, la presenza di campi di concentramento come quello di Arbe, precedenti attentati slavofobi anche aTrieste, hanno consolidato nella popolazione slava un sentimento anti-italiano. Credo però che questi delitti non giustifichino in alcun modo la strategia scientifica di pulizia etnica promossa da Tito, però chiarisce il clima storico in cui ciò è avvenuto, e quindi è stato secondo me più corretto da parte di Cristicchi menzionare questi precedenti. Tacerli sarebbe stato una grave mancanza.

Un accenno anche alle qualità artistiche di Simone. Buono nel monologo (ribadisco vedo forte la lezione di Paolini), ottimo nelle canzoni (anche la voce, dal vivo, mi è sembrata migliore rispetto alle esibizioni a Sanremo). Da non perdere dunque la diretta su RAI UNO del 10 febbraio 2014 (che, incredibilmente, sembrava annullata), proprio nel giorno del ricordo dell’esodo giuliano-dalmata e del massacro delle foibe.