#iorestoacasa e riscopro la Nintendo Wii

Nintendo Wii bianca

Costretti in questi tempi a una sorta di segregazione forzata a casa, riscopriamo molti oggetti che stanno facendo un po’ di polvere sopra qualche scaffale. Tra questi è stata una gioia riaccendere la Nintendo Wii.

Intendiamoci, ogni volta che si sente la TV o si legge un giornale, ci sarebbe poco da divertirsi. Però i fortunati sani (o ancora sani) che si trovano a passare 24 ore al giorno a casa grazie al Coronavirus, devono pur passare il tempo. Dopo i cult movie, l’ultimo libro che dovevo leggere ma non mi decidevo mai, l’aggiornamento dei vari social e un po’ di Smart working, l’occhio mi è caduto su una bella basetta bianca che ancora sosta dietro la televisione. Ho aperto il cassetto e sì, sono ancora là: i Wimote (remote controller), i motion plus da aggiungere per aver maggior controllo, i Nunchuk, volanti pistole e persino la balance board per fare fitness…

E i giochi? La ricerca si fa più affannosa ma alla fine riappaiono anche quelli, erano solo in fondo al cassettone. Si va dai “superclassici” Mario Kart, Wii Sport Resort, Mario&Sonic ai giochi olimpici (compresa la versione invernale), un po’ di fitness (da Wii fit ai vari Just dance), un gioco con le macchine sportive, un paio di spara-spara, e un misterioso l’Ultimo dominatore dell’aria. Giocato molto dunque, soprattutto dal 2006 (anno del lancio) a qualche anno dopo, almeno fintanto che l’attenzione dei figli non si è spostata su altro. Si riaccende e si riparte! Il polso, la mano, non sono più quelli di una volta e a tennis e ping-pong (i miei giochi preferiti) perdo sonoramente (una volta vincevo…).

Ma a un certo punto mi chiedo: ma che caspita di successo ha avuto quest’oggetto? Wikipedia mi aiuta: “Nel 2013 anno della dismissione del Wii, Nintendo conclude vendendo 101,63 milioni di copie di Wii, diventando la console Nintendo più venduta della storia”.

Dopo la lettura del libro La coda lunga di Chris Anderson, pensavo che l’ultimo vero Blockbuster fosse stato Thriller di Michael Jackson, con oltre 110 milioni di album venduti.  Ma proprio nell’anno in cui The long tale è stato scritto (copyright 2006!) ecco far capolino un nuovo incredibile bestseller.

Un po’ perché sono un uomo di marketing, un po’ perché da ragazzino passavo le ore alle sale giochi e sono un cultore di archeo-tecnologia (ho usato vari Commodore, Spectrum Sinclair, MacIntosh I serie, Atari…), cerco di fare mente locale sul successo di questa consolle.

Non voglio fare sfoggio di marchettanate, buttiamola sul semplice e ragioniamo. L’immagine stereotipata collettiva del perfetto video-giocatore era allora la seguente: maschio adolescente un po’ cicciotto con occhiali spessi, qualche difficoltà a relazionarsi con il prossimo e intimidito dall’idea di diventare adulto, alle prese con macchine sofisticate dall’aspetto nero e cattivo (forse per compensare qualche complesso, un po’ come le macchine supersportive degli adulti). I personaggi dei giochi erano supereroi muscolosi e senza pietà, dotati di poteri strabilianti.  I giochi stessi dovevano essere difficili, per iniziati, con tanti livelli da superare e che solo pochi potevano effettivamente ambire a superare. Solo chi aveva pollici super allenati a movimenti innaturali, occhio vigile, tunnel carpali forgiati da ore e ore di segregazione in cameretta potevano finalmente raggiungere il Nirvana: l’ultimo livello!

Bene facciamo a ritroso il percorso con la Nintendo Wii?

Partiamo dall’aspetto nero e cattivo, sostituito da un innocuo giocattolo candidamente bianco, inoffensivo, che può stare anche tra gli elettrodomestici della cucina (gli elettrodomestici bianchi anziché bruni, in termini di marketing).

Pollici superallenati ? Macché. I magnifici controller bluetooth e gli accelerometri (credo fatti in Italia) consentivano di trasformare il naturale movimento della mano in istruzioni video attraverso la barra sensore (Wii sensor bar). Anche un nonnetto poteva guidare l’auto di SuperMario.

Ho parlato di nonnetto? E’ qui la festa! Invece che il solitario adolescente aspirante asceta della tecnologia, la Wii poteva essere usata da una fascia molto più ampia, dal bambino al nonnetto appunto (un po’ come Baby Shampoo Johnson, se va bene ai bambini, andrà meglio agli adulti).

E naturalmente cambia il contesto: non più la cameretta solitaria ma il soggiorno. Soggiorno che finalmente riunisce una famiglia che si ritrova a giocare insieme un po’ come ai tempi dei giochi da tavolo. Con che personaggi? Eroi muscolosi? Spazio alla normalità. Il personaggio tipico è un idraulico, ovvero SuperMario (col suo antagonista Wario) seguito da dinosauri simpatici (Yoshi), funghetti (Toad) e principesse (Daisy, Rosalinda) e così via. Personaggi che gli afisionados Nintendo già conoscevano, ma non tutto il pubblico che la Wii è riuscito (anche un po’ inaspettatamente) ad attrarre.

Bene, ho qui un libro che s’intitola: Blue Ocean Strategy. How to create Uncontested Market Space and Make Competition Irrelevant. Il libro (autori W. Chan Kim e R.Mauborgne) è celebre per essere un po’ amato e un po’ odiato in ambito universitario. Il libro insegna, con molti casi concreti, come mettere in atto una strategia che porti il proprio brand o prodotto a essere differente e distinguersi da tutti gli altri, creando un profilo di caratteristiche (attributi) unico. Il prodotto così si crea un proprio spazio di mercato (Oceano Blu) e lascia gli altri a scannarsi in un altro mare, che si tinge di rosso. Ora, l’anno di pubblicazione del libro è il 2005 per l’edizione americana e italiana. Non credo proprio che alla Nintendo abbiano fatto a tempo a leggerlo prima della strategia di sviluppo del prodotto ma – pur non sapendolo – hanno seguito lo schema di questo libro alla perfezione.  D’altra parte spesso è l’esperienza, la vita, e soprattutto l’intelligenza a suggerire la strada vincente.